martedì 20 marzo 2007

Amori

Nessun Amore è da tanto (allontànati, faretrato Cupido),
che mi sia così spesso supremo desiderio morire.
Il mio desiderio è morire, quando ricordo che mi hai tradito,
donna nata, ahimè, per mia eterna sventura.
Non mi svelano il tuo comportamento lettere scritte di nascosto,
non ti accusano doni fatti a te furtivamente.
Oh, potessi argomentare così da non poter vincere!
Me infelice, perché la mia causa è così buona?
Felice chi osa difendere con energia la propria amata,
al quale l'amica può dire: "Non ho fatto nulla".
Ha il cuore di ferro e troppo indulge al proprio dolore
chi vuole ottenere sulla colpevole una vittoria cruenta.
Io stesso, sventurato, vidi, sobrio tra i vini della mensa,
mentre credevi che dormissi, i vostri misfatti.
Vi ho visto dirvi molte cose con il moto delle sopracciglia,
i vostri cenni eloquenti erano come viva voce.
I tuoi occhi non tacquero, scrivesti col vino sulla tavola,
poi formasti anche qualche lettera con le dita.
Compresi il discorso che dice ciò che non sembra dire,
e parole costrette ad assumere significati convenuti.
E già la folla dei commensali se n'era andata,
eccetto alcuni pochi giovani sepolti nel sonno.
Allora davvero vi vidi scambiarvi baci colpevoli
(scorsi chiaramente che erano dati con la lingua),
non quali la sorella darebbe al casto fratello,
ma quali la tenera amica dà all'uomo
che la desidera. Quali non è credibile dia Diana a Febo,
ma quali Venere diede spesso al suo Marte.
"Che fai?" esclamai "dove distribuisci queste delizie
dovute a me? Porrò le mie mani su di te
a tutela del mio diritto. Abbiamo in comune queste gioie.
Perché tra esse s'insinua una terza persona?"
Queste le mie parole; il dolore le dettò alla lingua,
e un pudore purpureo si diffuse sulle guance consapevoli.
Come tenue rosseggia il cielo ai colori della sposa
di Titono, o una fanciulla allo sguardo del nuovo fidanzato,
quali rifulgono le rose nel corteggio dei loro gigli,
o la luna quando si eclissa per incantesimo dei cavalli,
o l'avorio assirio che le donne della Meomia colorano,
affinché con il trascorrere degli anni non possa ingiallire:
questo, o uno similissimo a un altro di questi colori,
il colore di lei, e mai forse mi parve più bella.
Guardava in terra: guardare in terra le donava.
Era mesta in volto; anche la mestizia le donava.
Ebbi l'impeto di avventarmi ai suoi capelli com'erano,
ben pettinati, e lacerarglieli insieme alle tenere gote.
Alla vista della sua bellezza le forti braccia
mi caddero. La mia donna fu difesa dalle sue armi.
Poc'anzi feroce, divenni supplichevole, e per primo le chiesi
di darmi baci non peggiori che all'altro. Rise,
e con slancio me ne diede ottimi, quali potrebbero far cadere
la folgore trisulca dalle mani di Giove irato.
Mi tormento infelice che l'altro ne abbia avuti così sapidi,
e voglio che quelli siano stati di qualità diversa.
Per di più questi furono molto più voluttuosi di quelli
che le avevo insegnato, e mi parve che avesse appreso
qualcosa di nuovo. E' male che mi fossero piaciuti troppo:
ricevemmo reciprocamente la lingua fra le nostre labbra.
Tuttavia non mi dolgo solo di questo, non mi lagno dei baci
penetranti, anche se dei baci penetranti mi lagno:
essi non potevano essere appresi se non a letto.
Non so qual maestro ha ricevuto una ricompensa così grande.
"Ovidio" Amori - Libro Secondo, capitolo V

4 commenti:

Porcelain ha detto...

Ancora una volta mi lasci senza parole...
Bellissimo questo passo di Ovidio: posso dire con certezza che lui ha davvero amato...

Porcelain

Emilia ha detto...

Questo passo esprime tantissimo, il dolore, la rabbia, il perdonare senza nemmeno capire bene il perchè e alla fine quel senso di rancore, tristezza e gelosia sono così veri come sentimenti che quando l'ho letto ho pensato: "ecco ha saputo bene descrivere l'Amore afflitto da un tradimento..."

Uomo Distrutto ha detto...

ma che donna raffinata e colta, la mia U.D.

ps. scappaaaaaa da li!

Emilia ha detto...

No! U.D. ancora non ci sono... :-)
dimmi che hai sbagliato e volevi dire D.D.!

Comunque grazie, scapperò un giorno! ;-)